FARNETA

- Certosa dello Spirito Santo -

  

 

A soli sette chilometri da Lucca, in una verdeggiante vallata alle pendici del monte Quiesa, è situata la certosa di Farneta. Per volontà testamentaria espressa il 17 settembre 1329, il nobile Gardo Aldobrandi volle far edificare la seconda certosa in Toscana. Nicolosio, figlio di Gardo, alla morte del padre seguì tutte le procedure per la creazione del convento. Il Capitolo Generale dell’Ordine il 29 maggio 1338 accettò il lascito, ed il 5 settembre 1340 cominciarono i lavori, che terminarono nel 1344 con la costruzione delle prime celle, e l’insediamento dei padri.

Nel 1345 fu completato il refettorio, nel 1353 il chiostro piccolo, ed il 14 ottobre del 1358 avvenne la consacrazione della chiesa. In quest’ultima volle essere sepolto, colui che fu il fondatore della certosa Nicolosio Aldobrandi deceduto il 16 luglio del 1388. A ll’interno della chiesa vi è  u inoltre un Reliquiario della Santa Croce in lamina d’argento dorato, di arte bizantina (XI-XII sec.).

Le vicende storiche del XV secolo, contraddistinte da feroci guerre civili, coinvolsero la certosa di Farneta, costringendola a causa di ingenti danni subiti, ad una ristrutturazione.

Nel 1472 iniziarono dei lavori che interessarono il chiostro grande, esso fu rinnovato nel 1509, ma solo dopo un periodo di pace, avvenuto con l’indipendenza del principato di Lucca, anche la chiesa subì delle ristrutturazioni. Nel 1693 Stefano Cassiani (detto il certosino) monaco certosino, nonché valente pittore, si dedicò ad affrescare gran parte della chiesa e dell’intero complesso monastico.

La vita della comunità non ebbe grossi tumulti, fino alla caduta della Repubblica di Lucca ad opera dei Francesi. Nel 1806 i certosini di Farneta subirono il destino di tutti gli altri ordini religiosi, difatti la duchessa Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone, decretò la soppressione del convento ed il relativo abbandono dei monaci. Dopo molti anni, nel 1903 l’ordine decise di riacquistare Farneta, nel frattempo diventata proprietà privata. Fu così che il 10 novembre dello stesso anno i monaci della Grand Chartreuse che erano stati espulsi dalla Francia si trasferirono “in esilio” a Farneta.

Dovendo ospitare una numerosa comunità, si dovettero effettuare dei lavori di ampliamento che portarono alla creazione di un secondo chiostro grande, così facendo si riuscì a raddoppiare il numero delle celle. Il 24 dicembre del 1904 i monaci celebrarono la fine dei lavori, che includevano anche la creazione di nuovi spazi, per contenere l’immenso archivio e la grande biblioteca provenienti dalla Grand Chartreuse. La casa madre rimase in esilio a Farneta fino al giugno del 1940, data dell’ entrata in guerra dell’Italia contro la Francia, da quel momento nella certosa rimasero pochi monaci, diventando di nuovo una casa autonoma.

 Gli eventi tragici legati alla seconda guerra mondiale furono molteplici, ma quello che accadde alla comunità di Farneta, è ricordata come una crudele strage di innocenti.

I monaci durante quei giorni avevano dato la loro assistenza a chiunque ne avesse avuto bisogno, sia soldati delle truppe tedesche feriti, sia ebrei o partigiani in fuga. Nella notte tra il 1 ed il 2 settembre del 1944 i soldati nazisti irruppero, con un inganno, all’interno del monastero imprigionando dei civili, ospiti scomodi della certosa, ed i monaci rei di avergli dato assistenza. Dopo varie traversie, nei giorni successivi nelle campagne circostanti il convento, 6 padri, 6 conversi e 32 civili furono barbaramente trucidati dai soldati nazisti che ritennero responsabili i certosini di aver ospitato quei poveri fuggiaschi. Dopo dieci anni trascorsi da quei tristi eventi, fu posta sulla porta principale della certosa una lapide in memoria di quelle vittime innocenti. Attualmente la comunità di Farneta insieme a quella di Serra San Bruno sono le uniche certose maschili attive in Italia.